domenica 14 ottobre 2012

IL ROSSO E IL BLU



Capita per caso che conosci una persona che ti sembra di conoscere da sempre, capita sempre per caso che quella persona ti inviti a vedere la proiezione di un film italiano in occasione del BFI London film festival.
E ancora più per caso scopri che lei è amica del regista e in quattro e quattr'otto ti ritrovi, dopo la proiezione, ad un tavolino a parlare del suo film (che tra l'altro ti è piaciuto parecchio), snocciolando tutti i tuoi dubbi e levandoti alcune curiosità.
Parlo proprio dell'ultimo film di Giuseppe Piccioni (che non se ne abbia a male, ma prima di questo film io, Mr. Piccioni non lo conoscevo - ora però ha un preciso posto nella mia personale classifica dei registi preferiti): Il rosso e il blu.

Tratto dall'omonimo libro, che scopro essere scritto da un insegnante, Il rosso e il blu è un film delizioso sul tema della scuola (solo?): un ritratto dai colori acquerello magistralmente accostati. Un'interpretazione corale toccante, a volte divertente in qualche modo leggera, ma mai banale né tantomeno retorica.

Ne voglio scrivere per ricordarmi di come un film può arrivarti dentro. Di come un film possa essere non solo intrattenimento, ma opera d'arte, con tutte le sue letture, le sue sfumature ed i suoi motivi di esistere.

Chiaro è che un film sulla scuola in un momento in cui l'Italia non vanta proprio un'istituzione per così dire solida e brillante, fa tanto pensare ad un film denuncia.
Eppure non è cosí.
I toni rimangono pacati ed è lo stesso regista a dire che quello non era il suo intento e che ci sarebbe voluto ben altro per fare un film denuncia.
Eppure anche se in sordina, il ritratto della scuola italiana con tutti i suoi problemi terribili, temibili, combattuti o dimessamente accettati è lí, in quell'ora e mezza di film che ti trascina tra un sorriso e un tuffo di nostalgia.
E a traghettarti da una storia all'altra, dallo studente mentecatto a quello superlativo, dal supplente entusiasta all'insegnante anziano bisbetico, dalla preside attenta al padre amorevole, c'è un profondo ed intimo senso dell'umanità.
Che forse è il vero tema del film.

Scamarcio finalmente esce dalla scontata e oramai superata (l'età avanza anche per lui) figura dell'attore belloccio e per la prima volta (per me, ovviamente) si fa apprezzare davvero per le sue doti artistiche.
Margherita Buy è come sempre impeccabilmente gradevole. Scopro un giovane Davide Giordano che ricorda piacevolmente Francesco Nuti, con il suo sguardo languido ed i suoi modi schietti, che ti strappano il sorriso.
Ma più di tutti Roberto Herlitzka che travolge con un'interpretazione meravigliosa. Unica. Una lezione di recitazione come non ne vedevo da tempo (l'ultima "botta allo stomaco così me la diede Elio Germano in "Mio fratello è figlio unico").

Insomma, un film piacevolissimo. Anche se con qualche contraddizione (alcuni ritratti stonano - Gene Gnocchi poco mi ha convinta, altri non si risolvono secondo le aspettative - la storia del rumeno).
Ma le contraddizioni, ho imparato da questa interessante chiacchierata con Giuseppe, sono parte di un'armonia voluta.
Un cambio di ritmo necessario per dare spessore a volte o altre per opacizzare. Insomma, per creare i giusti chiaro scuri al quadro.
Forte. Bello.
Ma soprattutto: italiano.






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